Stromboli, 2006

La mia preferita è l’immagine di una spiaggia, mossa dai passi, nel mezzo un mandala di sassi bianchi.
La mia preferita è una donna anziana con una maglia chiara contro un muro di luce.
La mia preferita è l’immagine di dodici massicci scogli grigi, lavati dal sole, appoggiati gli uni agli altri, contro un mare color latte.
La mia preferita è una tomba rugosa, stretta fra il nero di una croce e il nero di un cespuglio, affacciata su un vuoto di sabbia nera.
La mia preferita è il barcone che passa veloce e perde i suoi contorni di oggetto, fondendosi con la strada d’acqua su cui procede.
Hanno tutte una qualità preziosa, queste fotografie. Lente, sfumate, nitide eppure scontornate. Colte nell’attimo come le istantanee, eppure eterne, come le pale di un altare antichissimo. Come i primi graffiti sulla parete di una caverna.
Sembrano sul punto di tracimare dall’inquadratura, di  sconfinare.  Forse è il tempo necessario a impressionare l’obbiettivo, lo scatto lento, quasi un ossimoro, a renderle diverse da qualsiasi altra fotografia nei molti libri fotografici che ho sfogliato.. O forse è la sensibilità speciale dell’autore. Una sua capacità bizzarra di aspettare che la realtà parli, che la natura si lasci accarezzare.
E’ un luogo/anima, Stromboli, uno di quei posti che ti vivono dentro.
Che si installano nella tua vita, come un richiamo , un appuntamento ineludibile, una necessità primaria.
Quest’anno lo userò questo libro, queste immagini bianche nere grigie panna perla. Lo mostrerò ai forestieri. Dirò: guardate queste fotografie, raccontano tutte le sfumature possibili del “bianco e nero”.
Come certi grandi operatori del cinema classico  evoca la notte e il giorno, il verde e l’azzurro, la roccia e il fuoco, giocando soltanto con l’ombra. E con le luci.
E’ Stromboli guardata attraverso le ciglia,  ad occhi socchiusi.
Sognando.

 Lidia Ravera

Tutte le immagini sono riprese con una camera stenopeica (Pinhole camera 6x6).